Le mie gocce di memoria del terremoto a Ferrara, il 20 maggio 2012
Il primo merlo ha cantato e le 4.04 del mattino sono da poco passate.
Dal terremoto di Ferrara del 20 maggio 2012, ogni notte attendo quel canto, con l’ansia di chi ripone le speranze della propria serenità in un unico segno e lo aspetta in silenzio per non perderlo e potersi tranquillizzare.
Perché quella notte, i merli non cantarono.
Terremoto!!
Un terrore che mi porterò sempre addosso, in testa, nelle orecchie, nelle gambe, perché ha invaso ogni fibra del mio corpo… Ma so di essere stata fortunata.
La mia famiglia era salva. Eravamo ancora tutti insieme, nel piazzale antistante la casa rimasta in piedi, appoggiati all’auto fatta uscire di corsa dal garage.
Avevo recuperato con fatica Idgie, la mia gatta ammalata di tumore perché si era nascosta sotto il letto, e l’avevo infilata dentro ad una borsa da cui spuntava solo con la testolina.
Cercavo di capire cosa fare, di telefonare al mio fidanzato (non lo è più) per sapere se fosse ferito e il pensiero non fu per niente reciproco, di chiedere agli amici se stavano bene.
Ed intanto andavo in cerca di un angolo buio per poter piangere, un solo minuto, perché la casa aveva resistito abbastanza bene, ma erano crollate le mie certezze e le mie fondamenta.
Ero sconvolta: questa avrebbe dovuto essere una zona a basso rischio sismico! Nessuno si sarebbe aspettato a Ferrara una scossa di terremoto di magnitudo 5.9 (o 6.00) con epicentro a 40 minuti dal centro città, tranne gli Estensi nel 1500.
I giorni successivi
Il posto dove mi rifugiavo per proteggermi da quasi tutto e tutti, la mia stanza con il mio pianoforte e il mio letto invitante, l’unico in cui riuscivo davvero a dormire, dalle 4.04 del 20 maggio 2012 l’ho sentita come una trappola, come se i muri fossero instabili e il loro peso gravasse su di me.
Mi aggiravo per casa furtiva, in punta di piedi quasi per non disturbare il terremoto, come se fosse un anziano assopito sul divano. Toccavo appena i tasti e mi immaginavo il piano in bilico nella casa distrutta.
Non sono mai stata così rapida nel fare una doccia, perché sentivo il pavimento instabile, come se stesse per sgretolarsi sotto i piedi. Non volevo stare in casa e restavo accovacciata in giardino, stretta su una sedia in ascolto di ogni minimo movimento della terra. Ero sempre in guardia, ma non potevo portare armi con cui difendermi da lui.
Vivevo in modo frugale, senza disinvoltura: aprivo il mio armadio come chi non l’avrebbe mai più aperto ed anche la preparazione della cena era diventato un momento veloce, per non essere sorpresa a mangiare.
Dormire
Ma soprattutto non potevo più addormentarmi. Mi appoggiavo sul letto con sospetto, avevo paura a lasciarmi andare e concedermi un po’ di ristoro e non toglievo mai gli occhiali da vista…. tremendi se vuoi tenere la testa di lato sul cuscino.
Le scarpe erano di fianco insieme ad una borsa con l’indispensabile che mi portavo anche in auto, dove ho provato a dormire più volte: veramente scomodissimo!!
Ho impiegato tantissimo tempo per riuscire a prendere sonno magari guardandomi un film, con la lista dei terremoti aggiornata sempre sott’occhio.
La notte era sempre stato il mio momento preferito. Ma finestra aperta, rumori nel buio, profumi che cambiano in base alle stagioni ed ispirazione per la musica erano stati sostituiti e sopraffatti da tremore continuo e boati, per fortuna sempre più dilatati nei mesi seguenti. Riappropriarmene ha richiesto più di un anno.
Forza devastante
Con la scossa più forte poi replicata la mattina di nove giorni dopo nel modenese, ho conosciuto la paura della morte mai provata fino a quel momento, accompagnata da una voce mai udita prima. L’urlo spaventoso e mostruoso del terremoto del 20 maggio 2012 è salito dalle viscere della terra sotto Ferrara e mi è penetrato nella testa, per non uscirne più.
Non restava che urlare più forte di lui chiedendo “pietà!”, disperata, aspettando l’inevitabile ma lui mi assordava, mi accecava, mi stordiva, mi faceva cadere. Ero come un soldatino in una scatola agitata da un fanatico, e urlavo e pregavo perché non mi restava altro da fare, perché non ero in grado di fare altro.
Ero certa che sarebbe arrivata la mia fine, che il soffitto mi sarebbe crollato addosso o il pavimento avrebbe ceduto, e non sarei riuscita a salvare la mia famiglia.
Era solo questione di pochi attimi.
Sa rimanere così impresso nei pensieri e nelle sensazioni delle persone che purtroppo lo subiscono! Può cambiare la vita, distruggerla e cancellarla!
Per cercare di capire come muovermi in caso di altre scosse, ascoltavo gli esperti in tv, reperivo soluzioni per la casa, istruzioni ed informazioni in modo forsennato, tutto per farmi passare la paura.
Studiavo le mappe delle faglie con l’angoscia di scoprire se una passasse qui sotto il mio culo!
Il 20 maggio e il 29 maggio io sono stata fortunata, l’ho scampata per un pelo, ma poco distante da qui erano morte persone e tanta gente era rimasta senza casa, senza chiesa, senza lavoro.
Una scena tragicomica
Di quel periodo ho conservato incredibilmente un ricordo simpatico. Dopo le scosse forti di maggio mio papà aveva seguito qualche approfondimento in tv su come comportarsi in un’abitazione in caso durante il terremoto.
C’è stata una scossa anche il 5 giugno, di sera mentre cercavo finalmente di cenare a tavola con un po’ di calma, pur restando sempre in allerta: l’ho percepita immediatamente e avevo ancora la forchetta in mano quando ho dato l’allarme. Velocissimo, mio padre ha iniziato a fare segni come fosse una hostess che indica le uscite di sicurezza dell’aereo, o Alberto Sordi che dirige il traffico.
E noi, chiaramente, non abbiamo capito niente!!
Ferrara, dopo quella domenica di maggio
Sono trascorsi nove anni: la mia povera gattona che visse con disagio quel terremoto si è spenta tra le mia mani a fine gennaio 2013. La borsa emergenza è sempre pronta ma non consulto più così assiduamente la pagina delle scosse. Posso rovistare tranquillamente nei cassetti degli stessi armadi del 2012, non ho ancora capito quali siano le travi portanti sotto cui ripararmi e mi piace persino cucinare per un fidanzato che mi vuole bene.
I merli però li aspetto ogni notte, e confido in loro. E sobbalzo con il cuore in gola ad ogni rumore strano, ad ogni ondeggiare del pavimento per il passaggio di un camion, ogni volta che la finestra vibra….
Quell’anno, i precedenti e i successivi in Emilia e in altre zone d’Italia e del mondo troppe persone hanno visto disgregarsi tutta la loro vita in pochi istanti e hanno perduto i loro cari. Mi sono rimasti impressi gli occhi degli anziani, persi nel vuoto perché non sapevano più dove finire i loro giorni. E c’è chi attende ancora un posto da poter definire casa.