Vi siete mai calati nei panni del portavoce per manifestare problemi al capo, per informare un collega del suo licenziamento e della vostra promozione, per parlare ad un compagno di calcetto non più gradito dalla squadra o ad un parente per gli intoppi con l’eredità? Il proverbio dice che “ambasciator non porta pena”, ma di solito nessuno vuole mai fare da ambasciatore e si tenta di rimandare o affidare ad altri il compito.
L’enciclopedia online Sapere Virgilio fornisce una spiegazione del proverbio che garantisce sicurezza e serenità all’ambasciatore: “non si può addossare alcuna colpa a chi porta notizie per conto di altri. Perciò se si dovesse ricevere una cattiva comunicazione da una terza persona non sarebbe possibile prendersela con questa. Anche in passato ad ambasciatori e messaggeri veniva infatti garantita l’immunità”.
Ma allora perché sono sempre tutti così restii nell’assumersi questo ruolo?
Mettiamo caso che..
Può succedere che in un gruppo di lavoro un elemento tenda a spadroneggiare con prevaricazioni, prepotenze, ricatti, atteggiamenti discutibili ed errori a cui devono porre rimedio coloro che mal sopportano il suo comportamento.
Un intrepido sprovveduto guerriero intraprende un primo isolato tentativo per migliorare la situazione, ma ottiene l’effetto opposto. Deluso dall’inerzia dei pusillanimi “spettatori”, silenziosi ma solo apparentemente disinteressati, il prode solitario opta per una sommessa resistenza, ma intanto sogna lo scontro che gli renderà giustizia!
Passa il tempo, l’insofferenza cresce. Con cautela qualcuno rivolge tardive parole di comprensione e solidarietà al guerriero ferito, che pensa <<ma brutto str…, perché non l’hai detto quel giorno in cui ho preso mazzate???>>. Furtivamente anche altri si scrutano per capire chi sia davvero esasperato, e parlando del più e del meno iniziano a confidarsi. La rivolta ha messo radici!
Quando il fastidio è nauseante e non più contenibile, capita che ci si trovi al di fuori del lavoro per decidere di fare qualcosa! Si sviscerano i problemi e si elencano con un certo godimento tutti i difetti e i dispetti del villain. Il primo rivoltoso non si fida, ma tutti cercano la sua approvazione e complici le continue manifestazioni di stima della combriccola, si ammorbidisce. Grave errore, gravissimo!!
A chi tocca il compito infausto?!
L’adrenalina sale, il morale dell’esercito è altissimo e forte è il desiderio di togliersi quel peso: tutti d’accordo, così non si può andare avanti! Serve però qualcuno che parli per tutti ed iniziano quindi le candidature forzate e le parate di culo sedere: <<io non so fare, andate avanti voi!>> oppure <<non chiedete a me, ho troppa ansia, non me la sento!>>.
E si arriva inevitabilmente all’ingorgo, al dilemma, perché quando l’ardore della rivolta infiamma gli animi sono carichi e riescono a vedere già la vittoria. Ma poi realizzano che a qualcuno questo compito dovrà toccare e subito emergono le prime defezioni: <<io non voglio problemi perché a casa ne ho già tanti>> (… gli altri invece vivono tutti in vacanza in isole paradisiache, giusto?!)
Si cerca allora di sbloccare l’impasse ripetendo un <<chi glielo va a dire, allora?>>, intervallato da altri propositi e qualche <<dai, vai tu?!>> a cui istantaneamente l’interessato risponde con <<sei matto??>>, e qualcun’atro dice <<avanti, non spingete!>>.
Cala un silenzio imbarazzante. Come in quegli interminabili minuti in cui la prof a scuole sceglieva chi interrogare, c’è chi si porta il calice di birra alla bocca per diventare trasparente e chi va in bagno per sparire dai radar. Quella quasi assenza di respiri viene rotta da un <<va lei/lui che l’ha già fatto la prima volta!>>, a cui seguono altri uno dopo l’altro e poi in coro, come gli emigranti che avvistavano l’America, con sospiro di sollievo. I membri della società segreta si compattano e in perfetto accordo sul nome del fortunato-sfortunato vincitore esclamano un’ode così stonata da presagire già conseguenze sgradite: <<sì, tu sai parlare, tu sai spiegare le cose e hai il coraggio di farlo!>>.
Questo è il momento decisivo, quello in cui parte la pallina di “Minority report”: l’ambasciatore sprovveduto, il campione designato non sa che è appena stata emessa la sua condanna. Gli altri invece si sentono più leggeri perché consapevoli di aver scampato un pericolo! Leonida nel film “300” non vi ricorda niente?
Anche in sala prove, l’ambasciator porta pena
Immaginate una band giovane ed ambiziosa, in cui tutti i componenti si applicano ore ed ore mossi da traboccante entusiasmo. Se un componente non si impegna abbastanza ed impedisce di raggiungere gli obiettivi tanto desiderati, si fa parlare la persona più spigliata e gentile, che ha raccolto tutte le lamentele e le riferisce senza fare nomi, evitando toni e parole che potrebbero ferire mentre fornisce abbondanti spiegazioni.
Se il gruppo è composto da quattro/cinque uomini e una sola donna, sarà proprio lei la portavoce! E verrà schedata come l’istigatrice gelosa che ha soffiato sul fuoco per rivoltare tutti contro il povero candidato all’espulsione! Nessuno aprirà bocca per una doverosa difesa dell’ambasciatrice guerriera: <<eravamo tutti concordi, lei ha solo parlato per noi>> sono parole che non risuoneranno in suo soccorso. Dopo poco tempo, tra una pacca sulla spalla, una birra e una battutina, torneranno quasi tutti amici come prima! Soltanto una persona sarà guardata con antipatia e ostilità: sapete già di chi sto parlando!
Da ardita condottiera dalla parlantina convincente, a invisa cospiratrice il passo per me è stato brevissimo! A distanza di anni ho ancora la fedina penale macchiata, e resto l’artefice del complotto, l’ambasciatrice che porta una pena nonostante sia stata l’unica ad accogliere immediatamente le giustificazioni del quasi espulso e la prima a sostenere fosse giusto concedergli un’altra possibilità.
Il ritroso di turno ansioso di cambiare formazione? Innocente a prescindere, impossibile che fosse d’accordo, <<lui è troppo buono!>>. Gli altri taciturni rivoltosi che mentre mi esponevo anche per loro hanno tenuto lo sguardo basso incapaci di proferir parola, ma con la testa già al nuovo progetto? Alla prima occasione, in una riunione segretissima hanno abbaiato qualcosa tipo “o noi o lei!”. Sicuramente gli uomini sanno fare fronte comune contro una donna, ma devo ammettere che in quel caso la persona che prima di me era stata messa sotto accusa, la stessa che ha mantenuto diffidenza verso di me, mi ha teso una mano.
Però… che tempi!! Litigate, passioni, musica e lacrime.
In sintesi: l’ambasciatore e la sua insopportabile condanna
Siete mai stati legati ad una individuo furbo subdolo e manipolatore? Persone così ti riportano appositamente fatti distorti molto enfatizzati, sapendo benissimo che tu ti esporrai subito per loro. Nel momento in cui parlerai, vedrai probabilmente quegli individui scuotere la testa negando col sorrisetto di chi ama tradire la tua fiducia e gode nell’umiliarti. Visionaria, idiota, esagerata: offese e mortificazioni arriveranno in pompa magna!
E mi fanno imbestialire anche coloro che vomitano giudizi negativi e chiedono al portavoce di riportarli, ma col bersaglio del loro biasimo si atteggiano da amiconi a cui va bene tutto. In questo modo, quei “tutti” agli occhi di chi deve ascoltare e ricevere la critica collettiva diventano istantaneamente soltanto “uno”.
Io ho parlato per me ed altri, ignara del fatto che l’ambasciator porta la pena più pesante che è spesso l’unica inflitta, e soprattutto si ritrova solo e “nudo” senza una difesa da parte di chi l’ha investito del ruolo di rappresentante.
La prima volta sono stata ingenua e ci sono proprio cascata. La seconda e le successive, credendo non potesse più succedere, sono stata un’illusa e direi proprio stupida. E’ un marchio, un’etichetta che non si toglie più, perché quel precedente non si archivia e diventa un comodo appiglio per alimentare la convinzione che la persona sospettata ed antipatica sia un’abile manipolatrice. Difficile che si ricredano! <<Lo sapevo, ve l’avevo detto che lei era così!>>.
Cos’è mancato ogni volta? La complicità, il supporto reciproco, la fiducia, l’empatia. E quali invece le costanti? Furbizia, vigliaccheria, forse entrambe: hanno prevalso gli interessi personali, l’opportunismo, il dubbio. Che peccato! Ma andate tutti a….. quel paese!
Capita a tutti gli inesperti che si fidano troppo delle persone, condottieri animati dalle migliori intenzioni e da un coraggio presto sovrastato dalla disillusione. Ed imparano a loro spese che “ambasciator non porta pena” tende ad essere un concetto più teorico che pratico perché…
… il portavoce è:
- l’unico imputato
- l’unico ad essere condannato senza appello
- il solo che incassa tutti gli eventuali insulti
- si porterà impressa addosso l’ombra del sospetto
- proverà tantissima delusione ed amarezza