Gli alberi per me sono creature davvero sorprendenti e meravigliose.
Hanno braccia generose, dondolo per gli uccellini, amaca per i gatti e coraggiosi sostegni di altalene per bambini.
Si spogliano alle porte dell’inverno, si rivestono rigogliosi in primavera. Anche se piegati e storti, tenacemente crescono e si sviluppano in sculture aggrovigliate su sé stesse.
Gli alberi della mia infanzia
Nel cortile del condominio in cui ho vissuto fino a quasi 19 anni c’erano alcuni alberi tra cui un piccolo alloro a cui mi ero affezionata. Quando decisero di eliminarlo con esplicita impazienza, le proteste tra le lacrime di una bambina di 7 anni furono inutili, e destarono soltanto ilarità.
Ormai tagliato, ricordo di essermi avvicinata al cumulo dei suoi resti cercando di non essere vista per prenderne un pezzo, come chi sa di essere di fronte ad un tesoro incompreso che sta per svanire. Ho passato da parecchio i 40 anni, e lo conservo ancora in uno scrigno.
Una casetta sull’albero in cui rifugiarsi? Un sogno! L’ho più volte chiesta ma mi dissero che non avevamo alberi abbastanza robusti, adatti a sostenere una casa come succedeva nei film. Arrampicarsi a piedi nudi sugli alberi? Ci ho provato, ma sono sempre stata una calamita per ogni tipo di insetto!
Nel giardino dei nonni c’era un bellissimo salice piangente: provai a fare come Tarzan, e rimasi delusa, con un sottile rametto in mano!
Il mix di odori intensi del bosco marittimo che da bambina talvolta attraversavamo per andare in spiaggia o quello di montagna sugli Appennini dove passeggiavo da improbabile montanara, sono registrati nei miei ricordi. Ogni volta che li ritrovo è sempre una bella sorpresa! In città mi accontento del profumo dei tigli che invade la stanza inebriandomi.
Le stagioni delle creature meravigliose
Gli alberi trascorrono mesi in uno stato di morte apparente, senza abiti con cui potersi proteggere quando vento e freddo sono più pungenti. Ma poi… poi si rivestono di nuova vita e la accolgono.
Tutte le primavere mi piace accorgermi delle prime gemme nei rami spogli fino al giorno prima. Improvvisamente punteggiati di colore, diventano sempre più rigogliosi fino a trasformarsi in un muro di sfumature verdi ogni anno più grande, che cattura lo sguardo e non gli permette di andare oltre.
La vita accelera per mostrarsi e prendere il suo spazio mentre gli alberi elegantemente intrappolano il cielo, senza alcuna fatica, e il cielo non si oppone.
Nelle afose giornate estive in cui il sole brucia, le loro ombre instabili sono il più desiderabile ristoro per umani ed animali. Osservo le foglie per captare un impercettibile movimento come fosse di per sé rinfrescante, e il loro fruscio con i rari aliti d’aria poco dopo l’alba, è un illusorio refrigerio.
Ad ottobre e novembre gli alberi indossano colori caldi ed avvolgenti, dal marrone al rossiccio al giallo, ma via via meno brillanti. I tappeti che vi si formano sotto sono una tentazione irresistibile: i piedi devono assolutamente camminare su tutta quella croccantezza per sentire lo “scronch”.
Nel silenzio delle notti d’autunno inoltrato, quando la nebbia avvolge le case e le isola da ogni altra abitazione nelle vicinanze, basta un soffio di vento per sentir cadere le ultime deboli foglie ingiallite, una dopo l’altra. Poi rotolano per la via senza una meta e finiscono calpestate dalle zampe di un gatto, o ad intasare tombini. La mattina seguente, quei rami sono improvvisamente quasi spogli.
A Natale pini ed abeti pazientemente si lasciano adornare con luci natalizie e la loro innata eleganza non viene scalfita da addobbi spesso discutibili. Ma quando un giardino ne è sprovvisto, anche gli alberelli intirizziti creano quell’irrinunciabile atmosfera, anche se volte sono vittime di qualche esagerazione!
Sagome nude in inverno, stanno tesi ed imperturbabili come ballerini mentre le raffiche di vento sibilano. Alla fine di un pezzo “vita” in attesa che ne rinascano altre, custodiscono negli angoli nascosti dei tronchi piccole creature che si riparano dal freddo, pronte a scattare ai primi ingannevoli tepori.
A primavera, instancabili tornano gonfi come palloni di mongolfiere, brulicanti di laboriose impollinatrici che si tuffano nei fiori, prima che i petali cadano a terra dipingendola col pennello di un impressionista.
Gli alberi e il vento
Maestosi e resistenti, eppure a volte così fragili, vivono strettamente legati al vento, la cui incostanza li coinvolge in danze gentili facendoli ondeggiare morbidi, o li tradisce spezzandoli.
Passa brutalmente attraverso le loro chiome durante le tempeste e le fa risuonare in modo sinistro: la loro voce rassicurante si trasforma così in un allarme.
La violenza del vento gli strappa le foglie avvitandole in spirali impazzite, li piega all’estremo e loro oppongono resistenza con la salute e le radici di cui dispongono. Ma poi a volte cedono, si spaccano, si trasformano loro malgrado in portatori di morte per chi vi si trova a fianco.
Un albero divelto con il tronco spezzato è come un osso rotto, adagiato su un fianco mentre annaspa con le radici scoperte e sconfitte. Averlo davanti agli occhi mi suscita sempre un senso di afflizione, di pena: non più casa e riparo, non più sguardo rivolto al cielo, per scoprire fin dove affondare le braccia.
Creature da aiutare
Sono esseri intelligenti che sopravvivono allungando le loro radici sotto l’asfalto con cui gli abbiamo rubato lo spazio vitale. Ma quando deformano marciapiedi e strade o sono cresciuti troppo, vengono visti come pericolosi ostacoli da abbattere al più presto.
Sentire il rumore di una sega che taglia un intero albero in attesa del tonfo finale mi angoscia, vedere boschi in fiamme mi fa disperare. I cambiamenti climatici hanno forzato il loro ciclo vitale e in estate sono esausti, con le foglie gialle che si staccano e i sempre più frequenti temporali violenti concludono l’opera, sradicandoli.
Ecco perché queste meravigliose e sorprendenti creature necessitano di cure. E mi aspetto che chi se ne occupa per mestiere lo faccia alla perfezione per preservarli.
“Gli alberi ci fanno respirare”, ci insegnavano alle scuole elementari.
Non so se sia partita da quella consapevolezza, la mia necessità inderogabile di avere sempre almeno un albero vicino a casa.
C’è sicuramente di più. C’è qualcosa di meraviglioso in loro… anche se i pioppi a primavera non mi sono per niente simpatici.
Mi fermo a guardarli, li fotografo, resto ad ascoltarli e a respirarli… in momenti che sono soltanto miei.